Le norme a tutela dei consumatori sono applicabili anche al Condominio

Da tempo la giurisprudenza di legittimità e di merito si è espressa per l’applicabilità delle norme a tutela del consumatore anche al Condominio; quest’ultimo, infatti, è un ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei suoi partecipanti e dunque l'amministratore, quando stipula un contratto con un’impresa, agisce come mandatario con rappresentanza dei singoli condòmini i quali devono essere considerati consumatori.

La Corte di Appello di Milano, con la recentissima sentenza n. 231 del 25 gennaio 2022, ha confermato che “le norme a tutela dei consumatori sono applicabili anche nelle ipotesi dei contratti stipulati tra le imprese e il Condominio: un ragionamento differente rischierebbe di privare di protezione una situazione analoga a quella dei contratti direttamente stipulati dai singoli condomini, nonostante l’evidente situazione di inferiorità del Condominio rispetto al professionista, sia quanto al potere di trattativa, sia quanto al potere di informazione, finendo per produrre effetti inaccettabili proprio in capo ai singoli condomini che, in qualità di partecipanti, rispondono delle obbligazioni condominiali”.

Secondo alcuni, il Condominio sarebbe parificabile al consumatore solo quando la maggior parte delle unità immobiliari che lo compongono sono destinate ad uso residenziale, mentre i Condomìni composti da uffici ed autorimesse, quali immobili destinati all’esercizio di attività imprenditoriali e professionali, non potrebbero godere di tale prerogativa.

In realtà, sempre la Corte di Appello di Milano, con la sentenza n. 4500 del 12 novembre 2019, ha smentito questa prospettazione ritenendo che i condòmini, attraverso la rappresentanza dell’amministratore, agiscono per la tutela e conservazione delle proprietà comuni e dunque assumono la veste di consumatori perché operano per scopi totalmente estranei alla loro eventuale attività imprenditoriale o professionale. L’amministratore, nel momento in cui conclude un contratto relativo alla gestione del bene comune, agisce per scopi estranei all’attività professionale svolta dai condòmini.

L’orientamento giurisprudenziale italiano, volto ad estendere al Condominio la qualifica di consumatore, sembrava in contrasto con la giurisprudenza comunitaria, dal momento che per la Corte di Giustizia Europea la nozione di consumatore non potrebbe prescindere dalla natura di persona fisica del soggetto giuridico interessato, e ciò partendo dal tenore letterale dell’art. 2, lettera b della direttiva 93/13/CEE (“è consumatore qualsiasi persona fisica che… agisce per fini che non rientrano nel quadro della sua attività professionale”).

Su istanza del Tribunale di Milano, la Corte di Giustizia ha sciolto questo dubbio riconoscendo la libertà degli Stati membri di introdurre misure di tutela dei consumatori più rigorose, che garantiscano una protezione maggiore, sempre che siano compatibili con i Trattati: pertanto la Corte ha riconosciuto che “l’articolo 1, paragrafo 1, e l’articolo 2, lettera b), della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, devono essere interpretati nel senso che non ostano a una giurisprudenza nazionale che interpreti la normativa di recepimento della medesima direttiva nel diritto interno in modo che le norme a tutela dei consumatori che essa contiene siano applicabili anche a un contratto concluso con un professionista da un soggetto giuridico quale il condominio nell’ordinamento italiano, anche se un simile soggetto giuridico non rientra nell’ambito di applicazione della suddetta direttiva..

Pertanto al Condominio che contratta con le imprese sono riconosciute tutte le tutele previste dalla legge a favore del consumatore, ivi comprese quelle regolanti la vessatorietà delle clausole, i rimedi per i vizi della cosa e la durata della garanzia.

 

 

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